Taxi!: un libro sulla rivolta di New York

Liberalizzazione delle licenze: fine di un privilegio o inizio della precarizzazione? Un libro racconta la lotta dei driver contro i detentori delle licenze di circolazione. Un testo attuale e utile per capire anche la situazione italiana.

La reazione dei tassisti italiani al decreto Bersani non si è fatta attendere: dopo gli scioperi a singhiozzo di questi giorni che ha paralizzato il collegamento delle grandi città con gli aeroporti, è previsto per l’11 luglio il primo sciopero della categoria.
La protesta dei tassisti è indirizzata – oltre che contro la liberalizzazione delle licenze – contro la possibilità di cumulare più licenze su una stessa persona che potrebbe portare, a detta dei tassisti, a una precarizzazione dei rapporti di lavoro. Si paventerebbe, insomma, una situazione di tipo newyorchese, con i “medaglioni”.
Ogni giorno i driver erano obbligati a versare al proprietario del “medaglione”, la licenza che autorizza il taxi alla circolazione, circa 150 dollari. Una cifra tanto più esorbitante se comparata ai circa 20.000 dollari annuali guadagnati in media dai driver dopo dodici ore di lavoro quotidiano.
In Taxi! Biju Mathew – docente di “economia ed effetti della globalizzazione” alla Rider University, nel New Jersey e membro dell’Organizing Committee of the New York Taxi Workers Alliance, l’organizzazione indipendente dei taxisti di New York – racconta questa vicenda e come i tassisti newyorchesi, nel 1998, si siano organizzati per lottare contro il sistema dei “medaglioni”.


Il libro
Ogni tanto, improvviso, compare un libro che riesce a raccontare la fatica di tutti i giorni e a rovesciare il piano dell’astratto nel concreto, illuminando il tutto con nuova luce. Lo scenario è New York, luogo per eccellenza del capitalismo neoliberista, mentre gli attori sono tutti lavoratori immigrati di prima generazione, provenienti dall’Asia ma anche dall’America latina o dall’Europa dell’Est. Il tema: le lotte organizzate dai taxisti della Grande mela per difendere le proprie condizioni di vita, contro il loro sfruttamento, istituzionalizzato dal comune. Questa la storia. Ogni giorno i taxisti erano obbligati a versare al proprietario del “medaglione”, la licenza che autorizza il taxi alla circolazione, circa 150 dollari. Una cifra tanto più esorbitante se comparata ai circa 20.000 dollari annuali guadagnati in media dai driver dopo dodici ore di lavoro quotidiano. Contro questa condizione insostenibile, un gruppo di lavoratori decide di autorganizzarsi al di fuori dei sindacati ufficiali, ma si trova di fronte a un primo ostacolo all’apparenza insormontabile.

I taxisti newyorkesi provengono difatti da circa ottanta etnie diverse e in molti casi incontrano serie difficoltà persino a padroneggiare la lingua inglese. Inoltre, molti di essi, immigrati di prima generazione, portano con sé odii antichi, come quelli che dividono i lavoratori provenienti dal Pakistan e il confinante Punjab indiano. Il libro racconta la lotta e la vita faticosa di questi lavoratori, e di come siano riusciti a organizzarsi per vincere. Ma ci racconta soprattutto le implicazioni di classe e razza nella nuova organizzazione del lavoro e di come “il neoliberismo” sfrutti consapevolmente queste linee di divisione per governare. Biju Mathew descrive con toni vivi questa lotta assumendo talvolta la posizione dell’etnografo, altre volte quella del giornalista, ma sempre a partire da una posizione schierata nel costruire la mobilitazione. Un libro che in parte è un pezzo di bravura sulla storia del lavoro, sulle storie di immigrazione, ma anche una sorta di manifesto sulla giustizia sociale, in quello che già comincia a essere considerato un vero e proprio piccolo classico.

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