Quelle mutazioni possono essere dannose

Per capire meglio in cosa consistono e cosa determinano le Inversioni cromosomiche, provocate dalla rottura del cromosoma in due punti e dal reinserimento invertito del segmento del Dna compreso tra le due fratture, abbiamo interpellato Matilde Valeria Ursini e Francesca Fusco, ricercatrici dell’Istituto di genetica e biofisica “Adriano Buzzati Traverso” del Cnr

I cromosomi, contenuti all’interno del nucleo di tutte le cellule, sono strutture estremamente importanti, in quanto depositari di tutte le informazioni genetiche di un organismo. Sono costituiti dalla cromatina, un mix di proteine e Dna che, quando la cellula non è in fase di divisione, è organizzato in lunghi e sottili filamenti parzialmente srotolati. In ogni cellula umana sono contenuti 23 cromosomi e ognuno di questi è presente in doppia copia, per un totale di 46. Tra tutte, una coppia è particolarmente importante: i cromosomi sessuali X e Y, quelli che distinguono maschi e femmine. Esaminando invece le anomalie cromosomiche, la presenza di una copia in eccesso del cromosoma 21, 3 invece di 2, genera la sindrome di Down. Questi fondamentali componenti dell’organismo sono soggetti ad alterazioni strutturali, le inversioni cromosomiche (Ic), delle quali abbiamo parlato con Matilde Valeria Ursini e Francesca Fusco dell’Istituto di genetica e biofisica “Adriano Buzzati Traverso” (Igb) del Cnr, per comprendere meglio in cosa consistono e che conseguenze hanno sull’organismo.

“Le inversioni si verificano quando un cromosoma si rompe in due punti e il segmento di Dna compreso tra le rotture ruota di 180 gradi e si reinserisce invertito tra le due interruzioni originali. Le Ic possono essere di due tipi: pericentriche, se il frammento invertito comprende la regione centrale del cromosoma, detta centromero; paracentriche, se non lo include”, spiega Ursini. “ Si tratta di mutazioni frequenti nella popolazione umana: 1-5 individui su 10.000 presentano inversioni paracentriche e 1-7 individui su 10.000 inversioni pericentriche. Nella maggior parte dei casi, se non c’è perdita o aggiunta di Dna nella regione invertita riarrangiamento cromosomico bilanciato, essere portatori di una Ic non ha implicazioni dirette sulla salute: le persone conservano la giusta quantità di informazioni genetiche, anche se organizzate in modo diverso”.

Una persona con può trasmettere Ic ai figli, ma anche questi non presentano solitamente anomale a livello fisico o di altro genere; è comunque importante che vengano informati di essere portatori dell’inversione. “Se però la Ic produce perdita o acquisizione di Dna (delezione o duplicazione) o se i punti di rottura che generano il processo di inversione sono localizzati all’interno di un gene, causando l’interruzione della sua cornice di lettura e alterandone la funzione, le conseguenze possono essere deleterie, come si verifica nel caso di malattie genetiche come l’emofilia di tipo A, la mucopolisaccaridosi tipo II (detta Hunter syndrome), la distrofia muscolare (detta Emery-Dreifuss). In questi casi, l’alterazione del gene o la formazione di geni chimerici (ad esempio oncogeni) in corrispondenza di uno dei due punti di fusione possono dare origine a un effetto fenotipico, che in alcuni casi può non essere immediatamente evidente”, chiarisce Fusco.

È comunque importante che eventuali Inversioni cromosomiche vengano analizzate con metodi citologetici o di analisi del Dna di nuova generazione, anche se non sempre questa analisi è di facile realizzazione. “In particolare, sono difficili da studiare le Ic in cui, in corrispondenza di punti di interruzione/giunzione, sono presenti sequenze genomiche altamente ripetute, che ricombinandosi tra loro hanno originato l’inversione. Se il punto di giunzione cade all’interno di regioni ripetute risulta più complicato individuarlo tra le numerose sequenze simili presenti all’interno del genoma umano”, aggiunge Ursini.

Le Ic costituiscono una delle forme meglio studiate di polimorfismo genetico nelle popolazioni naturali. “Alcune specie di insetti, in particolare le Drosophile, presentano grandi quantità di inversione polimorfiche. Nella Drosophila, le inversioni possono essere considerate uno dei meccanismi alla base dell’evoluzione del genoma dell’insetto e sono coinvolte nell’adattamento della specie all’ambiente”, conclude Fusco. “Esse mostrano variazioni geografiche, latitudinali e stagionali nelle frequenze, il che suggerisce che sono influenzate dalla selezione naturale”. Anche se le inversioni sono state correlate a cambiamenti fenotipici e all’adattamento in più specie, inclusi i primati, non è ancora disponibile un quadro completo della loro associazione con i cambiamenti nell’espressione genica e con l’adattamento dell’uomo.

Fonte: Almanacco della Scienza CNR

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