Melanoma: per prevenire va educato il partner

Melanoma: la “diagnosi” spesso la fa il partner. Sono le donne a scoprire piu’ casi e le prime a insospettirsi. Italiane attente anche per se stesse. La malattia colpisce prima: dagli anni ’90 si è abbassata di 10 anni l’età’ di insorgenza. Al III Congresso unificato di dermatologia, a Roma, si parla anche di nuove armi di prevenzione.

Donne campionesse nella prevenzione del melanoma, uno dei più aggressivi tumori della pelle. E non solo per se stesse. Le italiane sono ottimi ‘medici’ anche per i partner: nell’individuare i nei sospetti sulla pelle del compagno sono le migliori alleate del dermatologo. I camici bianchi lo sanno, ma lo confermano anche i dati scientifici: un recente studio americano, pubblicato su Archives Dermatology, ha dimostrato come, educando i partner a riconoscere le lesioni sospette, la prevenzione risulti più efficace. Un dato che era già stato evidenziato da una ricerca, condotta dal Gruppo Italiano Polidisciplinare del Melanoma (GIPme) su 816 casi diagnosticati in 11 centri dermatologici, distribuiti su tutto il territorio nazionale. Uno studio pubblicato sempre su Archives Dermatology. Ebbene, nel 12,5% dei casi era il partner ad avere il sospetto del melanoma, in particolare la partner femminile. Lo ricordano gli specialisti riuniti a Roma dal 6 al 9 giugno al 3° Congresso Nazionale Unificato di Dermatologia e Venereologia.

‘’La donna è quella che si insospettisce di più guardando un neo ‘strano’ sulla pelle del proprio compagno. Gli uomini sono meno attenti. Insomma: le donne quando guardano vedono, gli uomini guardano soltanto. Purtroppo questo si traduce anche in diagnosi tardive, che sono ancora frequenti nel sesso maschile’’, spiega Caterina Catricalà, Direttore del Dipartimento di dermatologia oncologica dell’Istituto San Gallicano – Irccs di Roma.
Secondo l’esperta le indicazioni che arrivano da questi studi potrebbero essere messe a frutto per migliorare la prevenzione. ‘’Un’arma efficace e poco costosa per battere il melanoma sul tempo, continua l’esperta – potrebbe essere, per esempio, la ‘formazione’ dei partner, in particolare per le persone a rischio: quelle che hanno più di 50 nei, che hanno molti nei atipici, che hanno già avuto familiarità. Contare su un ‘osservatore’ addestrato, sempre presente, permetterebbe al paziente di arrivare al più presto possibile dal dermatologo in caso di tumore’’.

SI ABBASSA L’ETA’ DI INSORGENZA. Il melanoma è in continuo aumento in Italia come in tutto il mondo. Negli ultimi 50 anni ha avuto un incremento annuo del 5% nei Paesi occidentali industrializzati. In Italia si registra una maggiore incidenza nelle regioni del Centro-Nord rispetto a quelle del Sud, con una media di 7-11 casi ogni 100 mila abitanti. Aumentate, fortunatamente, anche le diagnosi precoci sia per la maggiore informazione della popolazione, sensibilizzata da alcune campagne di educazione sanitaria, sia per la maggiore capacità diagnostica dei dermatologi che utilizzano nuove tecnologie per l’identificare soggetti a rischio e lesioni cutanee sospette. Il melanoma, però, colpisce sempre più precocemente. L’età di rischio, fino a 10 anni fa, era tra i 35 e i 55 anni, oggi va dai 25 ai 45. ‘’Uno studio che abbiamo condotto sul melanoma familiare – spiega Catricalà – su pazienti che hanno più di due casi nella loro famiglia e una mutazione del gene CDKN2A, ha dimostrato che tra una generazione e l’altra si è abbassata l’età di insorgenza: se un madre aveva ha avuto il melanoma a 50 anni la figlia lo aveva a 30’’.

PREVENZIONE TECNOLOGICA E BIOLOGICA: i progressi tecnologici hanno migliorato molto, negli ultimi anni, la capacità degli specialisti di individuare precocemente le lesioni pericolose, da trattare chirurgicamente. Notevoli miglioramenti si erano avuti già con la dermoscopia, indagine non invasiva usata ormai da un decennio, che consente, attraverso l’uso di una luce polarizzata e di un microscopio, di vedere in vivo la distribuzione del pigmento della melanina, all’interno del neo. Con i videodermoscopi digitali, evoluzione del dermoscopio, c’è stato un nuovo e più potente balzo in avanti.
‘’I videodermoscopi digitali – spiega Catricalà – si servono di una telecamera digitale e di un computer. Questi strumenti consentono non solo di studiare, a vari ingrandimenti, la lesione, ma anche di poter registrare l’immagine e quindi controllarla nel tempo. Con questa tecnica si riescono a vedere modificazioni non percepibili ad occhio nudo e ad avere una maggiore sicurezza sulla benignità o la malignità delle lesioni, riducendo le asportazioni inutili delle lesioni benigne, e permettendo l’intervento ancora più precoce nelle lesioni maligne”.

La prevenzione è anche biologica. Gli specialisti, infatti, puntano sull’individuazione di soggetti ad alto e altissimo rischio, con familiarità per il melanoma e portatori di una mutazione genetica (del gene CDKN2A) predisponente a questo tumore. Quest’ultima, grazie a nuove tecniche di biologia molecolare, può essere ricercata e studiata nei pazienti che riferiscono almeno un altro caso nell’ambito della propria famiglia, circa il 10% dei tutti i pazienti. ‘’In questi casi,è possibile effettuare un follow up molto più attento ed efficace, cominciando in età molto precoce”, conclude Catricalà.
(Caterina Catricalà, Direttore del dipartimento di dermatologia oncologica dell’Istituto San Gallicano Irccs di Roma)

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