I miti del nostro tempo

Culto della giovinezza, idolatria dell’intelligenza, ossessione della crescita economica, tirannia della moda: sono alcuni dei miti di oggi che Umberto Galimberti passa in rassegna per smontarli e denunciarne la natura ingannevole, mostrando come i falsi miti del mondo in cui viviamo siano in realtà “idee malate”, non avvertite come tali, e quindi tanto più capaci di diffondere i loro effetti nefasti senza trovare la minima resistenza.

Opere XIX
Umberto Galimberti
Collana: Universale Economica Saggi
Pagine: 416
Prezzo: Euro 12,00

Il libro
“Chi non ha il coraggio di aprirsi alla crisi, rinunciando alle idee-mito che finora hanno diretto la sua vita, si espone a quella inquietudine propria di chi più non capisce, più non si orienta.”

Giovinezza e intelligenza, felicità e amore materno. E poi moda e tecnica, sicurezza e potere, e ancora mercato, crescita economica, nuove tecnologie… Sono i miti del nostro tempo, le idee che più di altre ci pervadono e ci plasmano come individui e come società. Quelle che la pubblicità e i mezzi di comunicazione di massa propongono come valori e impongono come pratiche sociali, fornendo loro un linguaggio che le rende appetibili e desiderabili. I miti sono idee che ci possiedono e ci governano con mezzi che non sono logici, ma psicologici, e quindi radicati nel profondo della nostra anima. Sono idee che noi abbiamo mitizzato perché non danno problemi, facilitano il giudizio, in una parola ci rassicurano. Eppure occorre risvegliarsi dalla quiete apparente delle nostre idee mitizzate, perché molte sofferenze, molti disturbi, molti malesseri nascono proprio dalle idee che, comodamente accovacciate nella pigrizia del nostro pensiero, non ci consentono più di comprendere il mondo in cui viviamo. Per recuperare la nostra presenza al mondo dobbiamo allora rivisitare i nostri miti, sia quelli individuali sia quelli collettivi, dobbiamo sottoporli al vaglio della critica, perché i nostri problemi sono dentro la nostra vita, e la nostra vita vuole che si curino le idee con cui la interpretiamo.

Introduzione
(estratto da “I miti del nostro tempo”, di Umberto Garimberti)
Vi prego, non siamo a scuola, e io non sono il vostro istruttore. Lasciate parlare le idee.
J. Hillman, Forme del potere (1996), p. 23.

Conosciamo le malattie del corpo, con qualche difficoltà le malattie dell’anima, quasi per nulla le malattie della mente. Eppure, anche le idee della mente si ammalano, talvolta si irrigidiscono, talvolta si assopiscono, talvolta, come le stelle, si spengono. E siccome la nostra vita è regolata dalle nostre idee, di loro dobbiamo aver cura, non tanto per accrescere il nostro sapere, quanto piuttosto per metterlo in ordine.
La prima figura d’ordine è la problematizzazione di certe idee che, per ragioni biografiche, culturali, sentimentali o di propaganda, sono così radicate nella nostra mente da agire in noi come dettati ipnotici che non sopportano alcuna critica, alcuna obiezione. E non perché siamo rigidi o dogmatici, ma perché non le abbiamo mai messe in discussione, non le abbiamo mai guardate da vicino. Chiamiamo queste idee miti, mai attraversati dal vento della de-mitizzazione.
A differenza delle idee che pensiamo, i miti sono idee che ci possiedono e ci governano con mezzi che non sono logici, ma psicologici, e quindi radicati nel fondo della nostra anima, dove anche la luce della ragione fatica a far giungere il suo raggio. E questo perché i miti sono idee semplici che noi abbiamo mitizzato perché sono comode, non danno problemi, facilitano il giudizio, in una parola ci rassicurano, togliendo ogni dubbio alla nostra visione del mondo che, non più sollecitata dall’inquietudine delle domande, tranquillizza le nostre coscienze beate che, rinunciando al rischio dell’interrogazione, confondono la sincerità dell’adesione con la profondità del sonno.

Ma occorre risvegliarci dalla quiete che le nostre idee mitizzate ci assicurano, perché molte sofferenze, molti disturbi, molti malesseri nascono non dalle emozioni di cui si fa carico la psicoterapia, ma dalle idee che, comodamente accovacciate nella pigrizia del nostro pensiero, non ci consentono di comprendere il mondo in cui viviamo, e soprattutto i suoi rapidi cambiamenti, di cui i media quotidianamente ci informano senza darci un discernimento critico che ci consenta di intravedere quali idee nuove dobbiamo escogitare per capirlo. E tutti sappiamo che essere al mondo senza capire in che mondo siamo, perché disponiamo solo di idee elementari a cui restiamo arroccati per non smarrirci, è la via regia per estraniarci dal mondo, o per essere al mondo solo come spettatori straniti, quando non distratti, o disinteressati, o addirittura incupiti. Per recuperare la nostra presenza al mondo, una presenza attiva e partecipe, dobbiamo rivisitare i nostri miti, sia quelli individuali sia quelli collettivi, dobbiamo sottoporli a critica, perché i nostri problemi sono dentro la nostra vita, e la nostra vita vuole che si curino le idee con cui la interpretiamo, e non solo le ferite infantili ereditate dal passato che ancora ci trasciniamo. Critica è una parola che rimanda al greco kríno, che vuol dire “giudico”, “valuto”, “interpreto”.

Ogni giudizio, ogni valutazione comportano una crisi delle idee che finora hanno regolato la nostra vita, e che forse non sono più idonee ad accompagnarci nella comprensione di un mondo che si trasforma anche senza la nostra collaborazione. Chi non ha il coraggio di aprirsi alla crisi, rinunciando a quelle idee-mito che finora hanno diretto la sua vita, non guadagna in tranquillità, ma si espone a quell’inquietudine propria di chi più non capisce, più non si orienta.
Ma forse l’orientamento vuole proprio una de-mitizzazione dei miti un tempo funzionali e oggi dis-funzionali alla comprensione del mondo, vuole un radicale superamento dell’inerzia della mente, della sua passività, per un pensiero avventuroso che sappia liberarsi delle idee stantie, per incontrare le idee nuove, da non bruciare sul nascere, ma con le quali intrattenersi, perché le idee sono fragili come i cristalli, ma talvolta cariche di una forza capace di distruggere le nostre abitudini mentali. Non sempre sono “idee chiare e distinte” come voleva Cartesio, spesso sono solo abbozzi di interpretazioni, che però consentono alla mente di allargare i suoi orizzonti, e a noi di diventare più tolleranti, perché più aperti e più capaci di comprendere, quindi di vivere.
Milano, 6 settembre 2009