La comunicazione non è mai a senso unico

a cura della dr.ssa Annarosa Pacini

La comunicazione non è mai a senso unico: come guidare la nostra comunicazione per migliorare le nostre relazioni. Vi è mai accaduto di dire una cosa, avere l’impressione che la persona cui l’avete detta non vi abbia capito, e pensare che non aveva capito? Oppure, di dire una cosa per ottenere una certa risposta, di avere una risposta diversa, e di pensare che la colpa sia del vostro interlocutore? La comunicazione non è mai a senso unico: se il messaggio che va dall’emittente al ricevente viene percepito in modo distorto, la distorsione non è mai solo alla fine, ma spesso anche alla fonte, per non parlare di quello che ci può essere lungo la strada. Corso di comunicazione in pillole.

“Tu non hai capito”. E’ questa sicuramente una delle frasi che, primo o poi, vi sarà accaduto di pronunciare o di ascoltare, indirizzata a voi o ad altri.
Chi parla – l’emittente – intende così dire a chi ha ricevuto il suo messaggio – il destinatario – che egli non ha saputo capirlo. Che ciò che è stato detto è stato frainteso dal destinatario. Ergo, la responsabilità è tua. Così ci mettiamo al riparo dalle nostre responsabilità, che invece ci sono sempre, qualunque sia la forma di comunicazione che utilizziamo nell’ambito delle relazioni umane.

A frasi come “Tu non hai capito” ne fanno, spesso, da corollario molte altre: “Non mi ascolti”, “Pensi di sapere cosa voglio dire”, “Non sai cosa dico”, fino a frasi sempre più generalizzanti ed anche sempre meno diplomatiche, da “Tu non capisci niente” a tutto quello che, in un dialogo che si trasforma in discussione, può derivare. Frasi che non aiutano a comprendersi meglio, anzi. Spesso provocano ulteriori incomprensioni. Perchè nessuno riesce a “capire meglio” quando si sente ferito o attaccato.
La comunicazione non è mai a senso unico. Quando un messaggio non viene “decodificato” nel modo giusto, non dipende mai solo da chi non riesce ad interpretarlo. Dipende anche da chi non è riuscito a trasmettere il suo messaggio (parole, stato emozionale, metacontesto etc.) perchè l’altro potesse comprenderlo.

La figura dell’emittente e del ricevente, divise nella teoria della comunicazione, per meglio comprendere il processo comunicativo, nella realtà non sono mai idistinte. Siamo, infatti, contemporaneamente, emittenti e riceventi. Se mentre parlo a una persona quella tace, comunica ugualmente: con uno sguardo oppure un’occhiataccia, con un sorriso o un’alzata di spalle, e così via. Quindi, entrambi riceviamo e comunichiamo nello stesso momento.
A cosa serve sapere che la comunicazione non è mai a senso unico? A diventare più consapevoli del fatto che siamo responsabili dei risultati che otteniamo così quanto lo sono le persone che ci troviamo di fronte.

Pensate se, in una di quelle situazioni così comuni accade di ritrovarsi a dire a qualcuno “Non hai capito”, gli dicessimo altro.
Ad esempio: “Forse non mi sono spiegato bene, intendevo dire questo…”, “Vorrei chiarire meglio quello che intendevo dirti, perché ho l’impressione di non esserci riuscito. Avrei voluto chiarire, invece mi pare di aver peggiorato le cose…”, “Talvolta mi sembra di non riuscire ad esprimere veramente il mio pensiero. Quello che intendevo dire è…”.

Come fare, allora? Comunicare per essere.
Nella teoria della comunicazione che ho elaborato nell’arco degli anni, grazie a studi e ricerche sul campo, il primo livello della buona comunicazione è quello dell’espressione di sé. E’ un livello in cui non comunichiamo per raggiungere un obiettivo, perché qualcuno faccia qualcosa per noi, perché faccia quello che vorremmo noi, perché risponda quello che vorremmo sentirci dire. No.
Il primo livello serve a cercare di comunicare nel modo migliore possibile – che significa, comprensibile alla maggior parte degli altri essere umani, indipendentemente dai loro modi di vedere e di vivere la vita e le relazioni – chi sono.

Perché siamo quello che comunichiamo. E se quello che comunichiamo non è ciò che siamo, i rapporti diventano via via meno soddisfacenti, più frustranti.
E’ questa una delle cause principali delle crisi nelle relazioni. Quando non ci si sente compresi, quando l’altro sembra distante, sembra cambiato, sembra non voler più le stesse cose. A volte, dopo poche settimane di vita insieme. A volte, dopo una vita insieme. Per questo, sarebbe meglio iniziare dal principio. Cercando di far conoscere al mondo chi siamo. Al nostro mondo, alle persone che ci sono più vicine, per cominciare.
Così, la prossima volta che vi accorgete di stare per dire: “Non hai capito”, fermatevi. E pensate cos’è che potreste dire per essere capiti meglio.

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