A volte la fede è la cura migliore

Le donne affette da tumore al seno sono spesso sopraffatte dalla paura e dallo sconforto al momento della diagnosi, ma questo non accade a chi possiede una profonda fede o, comunque, una intensa vita spirituale.

Questo è quanto afferma un gruppo di ricercatori della Chicago University, Illinois, dopo aver intervistato circa 242 donne sopravvissute al tumore. Il ruolo della fede nella vita delle persone appare sempre più importante, ma diviene addirittura “terapeutico” quando si tratta di dover affrontare terribili malattie come, ad esempio, il cancro della mammella. Le pazienti intervistate infatti hanno affermato di sentirsi in pace con se stesse e di trovare un grande conforto nella spiritualità. Gli studiosi hanno osservato che in questi soggetti lo stress, l’ansia e la depressione che di solito accompagnano diagnosi così dure erano praticamente assenti. Per molte persone questo significa un significativo miglioramento della prognosi. Ci sono molte spiegazioni per questo fenomeno: chi possiede una fede profonda è convinto che la sua vita ha uno scopo ben definito e che è possibile trovare un senso nella propria malattia. Appare evidente anche ai più scettici che riuscire a rispondere a domande come “Perché questo è capitato proprio a me?” e riuscire a vivere la malattia come un’opportunità per mettere alla prova la propria fede sia già un ottimo punto di partenza per qualsiasi terapia o trattamento. Sembra che la fede aiuti a dare un senso a tutto quello che ci succede e proprio nella fede molte persone trovano il coraggio per accettare e superare le terribili sofferenze conseguenti ad una patologia come, appunto, il cancro.

L’ulcera: un nemico per tutti
L’ulcera è tra le malattie più comuni in tutto il mondo industrializzato; eppure sono ancora molte le cose da chiarire riguardo questa patologia, che sembra affliggere un milione di italiani ogni anno. Cominciamo dunque dandone una breve definizione . Si parla di ulcera quando aumenta la produzione di succhi gastrici (composti da acidi ed enzimi) nello stomaco, mentre diminuiscono i fattori protettivi che lo rivestono. Il succo gastrico diviene così aggressivo nei confronti della mucosa gastrica producendo in un primo tempo un’infiammazione e successivamente l’erosione (o ulcerazione) della parete dello stomaco. Si possono distinguere due tipi di ulcere: l’ulcera duodenale, la più frequente, si verifica tra i 30 e i 50 anni ed è più comune tra gli uomini, e l’ulcera gastrica, che colpisce gli ultrasessantenni soprattutto di sesso femminile. Le cause di questa malattia sono state ampiamente dibattute negli anni. Ultimamente è stato dimostrato che la maggior parte delle ulcere si sviluppano in seguito ad una infezione della mucosa gastroduodenale causata da un germe, l’Helicobacter pilori, che provoca la lesione ulcerosa. Cofattori di questo germe nella genesi dell’ulcera sono lo stress, un’alimentazione scorretta, il fumo, la caffeina, l’alcol e l’assunzione frequente di farmaci antinfiammatori come l’aspirina e il naprossene sodico. L’ulcera si può presentare senza alcun sintomo e spesso va incontro a guarigione spontanea. Comunque il sintomo più comune è il dolore bruciante nella parte centro-superiore dell’addome; il dolore può durare da pochi minuti a qualche ora. Altri sintomi sono nausea, vomito, mancanza di appetito e calo di peso. Inoltre è bene ricordare che l’ulcera gastrica dà dolori durante il giorno, mentre quella duodenale si fa sentire di più la notte. Per prevenire o limitare le conseguenze di questa malattia ecco pochi preziosi consigli: evitare il fumo e i superalcolici, non abusare di farmaci antinfiammatori, consumare i pasti ad orari regolari e riconoscere gli alimenti che aggravano i sintomi dolorifici. Infine il consiglio più prezioso e (ahimè) il più difficile da seguire: evitare lo stress e cercare di riposare il più possibile. Buona fortuna!

Licenziamento = depressione
La perdita del posto di lavoro e le difficoltà finanziarie che ne derivano spesso sono causa di depressione. Un gruppo di psicologi della University of Michigan ha evidenziato, con un recente studio, che le conseguenze di un licenziamento sulla psiche di una persona sono spesso più gravi di una “normale” momentanea depressione. Per capire meglio quali possono essere gli effetti di un trauma come la perdita del posto di lavoro gli studiosi hanno tenuto sotto osservazione circa 756 soggetti in cerca di una nuova occupazione. Tutti i soggetti in esame avevano in media 36 anni e un diploma di scuola superiore. Per ognuno di loro le restrizioni finanziarie derivate dal licenziamento sono state la causa scatenante di una “cascata di eventi negativi”: l’impossibilità di proseguire i pagamenti del mutuo della casa o dell’auto sono solo un esempio delle difficoltà che sembrano portare ad una vera e propria “paralisi psicologica”. I disoccupati così perdono la fiducia in loro stessi e la determinazione necessaria per trovare un altro impiego. Sembra che i sintomi della depressione siano ulteriormente aggravati dalla sensazione di aver perso il controllo della propria vita: questo porta anche un peggioramento dello stato di salute dei soggetti in esame. Gli psicologi che hanno portato a termine questo studio sottolineano che la depressione di chi ha perso la propria occupazione ha tempi di guarigione molto più lunghi rispetto al solito: in media i sintomi sono ancora presenti dopo 2 anni dall’evento, anche se nel frattempo si è trovato un nuovo impiego. Tutto ciò, secondo i ricercatori, potrebbe essere evitato grazie a dei programmi terapeutici che dovrebbero aiutare chi si trova senza occupazione a reinserirsi nel mondo del lavoro, recuperando l’autostima e la sicurezza nelle proprie capacità.

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