
Counseling psicologico
risponde il dr. Vincenzo Masini
L'incoraggiamento
Gli stili comunicativi nell'educazione possono essere individuati in molte categorie e riuscire a puntualizzarli serve a non lanciare messaggi confusi, contraddittori ed inefficaci. Delle sette modalità comunicative abbiamo già tratto del rimprovero, l'incoraggiamento è oggetto della riflessione di questo articolo, sarà poi la volta dell'insegnamento, del coinvolgimento emotivo, della tranquillizzazione, del sostegno e della gratificazione.
Incoraggiare significa saper dare carica e trasmettere motivazione ad altre persone. Per incoraggiare è prima necessario costruire e dare forma all'energia dentro di sé e poi comunicarla in modo persuasivo per indurre all'azione. Al contrario del rimprovero l'incoraggiamento richiede impegno e forza in chi lo vuol far percepire ad altri. In genere l'incoraggiamento non funziona quando vengono commessi alcuni errori molto diffusi. Spesso chi incoraggia non lo fa con sufficiente energia e convinzione: se, nel momento dell'incoraggiamento, non viene espressa una potenza sufficiente e con una sufficiente durata, la comunicazione si perde nel vuoto, non ottiene risultati e porta ad una caduta di tono nell'autore dell'incoraggiamento. Accade frequentemente che l'incoraggiamento si disperda se non ha un bersaglio preciso. Occorre indicare nominativamente la persona che si incoraggia e, nel caso di un gruppo, occorre dedicare incoraggiamento anche ai singoli componenti del gruppo. Basta infatti un solo demotivatore all'interno di un gruppo, che si esprima con una battuta squalificante, per far perdere energia a tutti.
L'incoraggiamento deve avere il suo destinatario e fermarsi su di lui con una individuazione precisa e circostanziata. Inoltre l'incoraggiamento deve essere puro, senza mescolarsi a critiche, pur se motivate. Non si può incoraggiare e rimproverare allo stesso tempo e nemmeno incoraggiare e insegnare (o dare consigli). L'educatore deve trattenersi da miscelare contenuti e forme di comunicazione perché chi riceve, ha bisogno di un messaggio chiaro ed univoco.
Il soggetto che meglio di tutti sa incoraggiare è un soggetto volitivo, carico di energia e di entusiasmo. La sua carica e il suo impegno rendono spontanee ed immediate le sue comunicazioni di incoraggiamento; deve però trattenersi, mentre incoraggia, dal sostituirsi nell'azione al soggetto destinatario del suo incoraggiamento. Incoraggiare non significa aiutare o sostenere ma trasmettere forza e coraggio affinché l'altro li utilizzi per compiere l'azione.
I destinatari elettivi delle comunicazione di incoraggiamento sono i soggetti apatici e demotivati oppure coloro che hanno scarsa stima di sé, sono rinunciatari e poco fiduciosi nelle personali capacità.
Il bimbo apatico, che non risponde ai richiami dei genitori e degli adulti e che rimane per lungo tempo ciondolante nel non far nulla, o svogliato e lamentoso con chi gli sta intorno, può essere attivato attraverso la visione di un luogo eccitante. Ricordo di aver consigliato ad un padre, il cui bimbo di cinque anni era stato spento nelle manifestazioni di eccitazione da una lunga permanenza presso gli anziani nonni, e che non mostrava alcun interesse per l'iniziativa e il divertimento, di passare a piedi vicino ad un Luna Park, e, in quel luogo, trasmettergli il suo interesse incoraggiante verso quel mondo pieno di stimoli, di musica e di luci. Il bimbo si era infatti autoanestetizzato dal dolore per la perdita della madre e per l'assenza prolungata del padre. Ad ogni richiamo all'azione rispondeva chiudendosi sempre di più. Le luci e le musiche del Luna Park hanno acceso il suo interesse.
È analogo all'intervento tampone dell'educatore di fronte al soggetto abulico e rassegnato, il tossicodipendente da eroina ad esempio, che è stato ben sintetizzato nella frase "Tu solo ce la puoi fare, ma non ce la puoi fare da solo!". In questa frase sono contenuti gli elementi dell'incoraggiamento e del sostegno, ma ben distinti attraverso due proposizioni diverse quasi in giustapposizione tra di loro. L'esito non è una miscela ma due concetti che debbono essere introiettati uno alla volta.
L'incoraggiamento nei confronti di chi ha scarsa stima di sé serve a spostarlo nella direzione dell'attaccamento. Lo sfiduciato è incapsulato nel suo perenne imbarazzo, nella sua timidezza ed appare giù di morale, abbattuto se non desolato e afflitto. Egli vive nella dimensione della estrema sensibilità per quanto avviene attorno a lui e non riesce ad avere un confine preciso tra il sé e gli altri. Tutto ciò che avviene nelle emozioni degli altri diventa un suo sentire personale. Il bimbo che rimane nascosto in un angolo ad osservare, privo di iniziativa, soffre per la sua incapacità e la sua inferiorità di fronte all'intraprendenza, alla plasticità fisica, all'acquaticità, alla prestazione atletica, alla capacità di gioco di un altro bimbo più grande di lui. "Tu non puoi fare quello, sei troppo piccolo!" è una frase penetrata dentro la sua pelle che lo fa sentire inutile e insignificante per gli occhi di tutti.
Da questa spiacevole sensazione di vergogna e di disistima di sé può essere velocemente distratto attraverso uno spostamento emozionale. Di solito un bimbo introverso diventa bersaglio di una consolazione sbagliata perché può essere un rinforzo ed un ulteriore discredito: "Vedrai che quando sarai grande lo potrai fare anche tu!" è una frase sbagliata perché non interviene nel presente attuale ove lui è, intanto, piccolo e insignificante. L'adulto che percepisce la sua sofferenza segue il naturale moto di tenerezza nei suoi confronti e lo trasferisce con una comunicazione consolatoria senza rendersi conto di dare una ulteriore squalifica.
Il vero e preparato educatore sa di dover trasmettere invece energie e dargli disciplina ed impegno affinché il giovane si attacchi di più alle cose, ai risultati, a se stesso. Deve arrivare a desiderare i risultati per farli suoi ed aderire ad essi. L'obiettivo è quello di incitarlo ad avere un successo, anche minimo, su cui far leva con un incoraggiamento progressivo ed insistente. Occorre porre attenzione alle gratificazioni consolatorie perché egli è assolutamente in grado di comprendere l'effettiva realtà di ciò che ha fatto. L'incoraggiamento serve a che egli faccia suo il risultato e lo consideri inequivocabilmente come una cosa che gli appartiene.
L'incoraggiamento all'azione può essere agito anche attraverso un suo intervento su un ambiente che abbia necessità di lui. Occorre un ambiente sociale costituito da altri soggetti, più piccoli ed impacciati di lui, che stimolino la sua sensibilità a comprendere le difficoltà degli altri ed essere punto di riferimento per il loro attaccamento, così facendo si sentirà grande. Questa modalità consente lo sviluppo di una ulteriore osservazione educativa: vi sono alcuni bimbi che hanno necessità di frequentare bambini più grandi, altri, invece, necessitano della compagnia di bambini più piccoli. I naturali artigiani dell'educazione sanno osservare queste disposizioni e lasciano orientare le affinità dei bambini nel modo più virtuoso; anzi delicatamente incoraggiano questa assunzione di responsabilità affettiva. Altri educatori, purtroppo, decidono di intervenire con l'ideologia pianificante delle leve di nascita e irreggimentano i coetanei con i coetanei, quasi fosse un obbligo educativo e formativo la frequentazione tra bambini della stessa età.
Anche per l'adulto può innescarsi processo di attaccamento verso l'ambiente, se la sua attenzione è richiamata da necessità di cura che l'ambiente propone. L'adulto traumatizzato da derisioni e delusioni, reso vulnerabile da ogni tipo di insulto psicologico e fisico, può essere incoraggiato ad occuparsi con affetto delle piantine del suo terrazzo. Togliere le foglie secche da qualche vaso, cambiare la terra a gerani che stanno appassendo e sistemare le piante ordinatamente in un vaso sono passi nella direzione di un percorso di interessamento e di affezione verso cui essere deve essere stimolato.
L'incoraggiamento è inefficace con altri tipi di persone, con soggetti che hanno un grande bisogno affettivo o con soggetti incostanti per eccesso di emozionalità (i fuochi di paglia che si accendono subito ma durano poco). Qualunque stimolo comunicativo ai soggetti bisognosi di affetto finisce per rinforzare il loro bisogno di attaccamento, mentre la comunicazione persuasiva verso l'impegno cade nel vuoto con chi ricerca emozioni sempre più eccitanti. Incoraggiare poi un soggetto ansioso può indurlo ad un rafforzamento della sua ansia; c'è sempre da temere che egli prenda ancora più sul serio le sue preoccupazioni e finisca indistricabilmente avvolto nelle sue fissazioni.
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