Immagine Counseling psicologico

risponde il dr. Vincenzo Masini

L'ansia non è un diritto

"Dottor Masini, ho letto con grande interesse il suo articolo 'diventa una spugna', sull'azione educativa del 'tranquillizzare'. Sono una mamma ansiosa, e ho problemi di relazione con il mio bambino più grande, di 11 anni, che frequenta la prima media con scarsissimo impegno. Le psicologhe di un centro specializzato in problemi di rendimento scolastico, dopo averci parlato 5/6 volte, mi hanno espresso il loro parere sul bambino, dicendo che si nota in lui la tendenza a reprimere l'aggressività (o dirigerla verso l''oggetto' sbagliato, in questo caso la sorella, della quale è, da sempre, morbosamente geloso), e la mancanza di un punto di riferimento 'sicuro': a loro è apparso un po' disorientato. A questo ho collegato l'esperienza da lui vissuta durante i primi mesi della separazione di noi due genitori, durante i quali, sia per il momento particolarmente difficile, che per l'inesperienza, che per l'atteggiamento avverso del babbo, mio figlio ha vissuto una certa instabilità (mamma, ma stasera dove dormo?..)
Ad oggi, la situazione è molto più tranquilla; noi viviamo in una casa con il mio compagno, che ha con i bambini un buon rapporto: per ora, da 'fratello maggiore'. I bambini hanno il loro spazio, cerchiamo di fare una vita serena, di farli sentire 'al sicuro', io cerco di 'sostenere' come posso mio figlio, dal momento che sono a casa con lui ogni giorno dalle 15,30 in poi (suo padre, per il momento, continua ad avere un ruolo un po' 'marginale', nel senso che si occupa dei problemi concreti solo per quel tanto che lo coinvolgo io, raccontandogli episodi e comportamenti e chiedendogli pareri, ma non mi sembra che il bambino percepisca il suo ruolo educativo, forse perché stanno insieme una sera alla settimana, e un fine settimana ogni due).
Il bambino ha un atteggiamento che a me pare totalmente incosciente nei confronti della scuola: fin dal primo anno delle elementari (ed anche prima della separazione), si è sempre dimostrato poco motivato, ha sempre trascurato, perso o rovinato il materiale didattico, dando per scontato che io dovessi costantemente aggiustare-rimpiazzare-controllare il suo zaino.
Ha avuto grande difficoltà a rassegnarsi a dover incamerare nozioni, come le 'tabelline', i verbi ecc, che richiedono un po' di impegno, anche se i 'contenuti' alle elementari sono talmente pochi che è difficile avere veri e propri problemi di rendimento. Ora, in prima media, spesso mi trovo a spiegargli qualche regola di matematica o di grammatica, lui mi ascolta e capisce e corregge un esercizio fatto un attimo prima in maniera spudoratamente sbagliata, quasi assurda, poi, giro pagina, e vedo che la spiegazione era stata data dal professore quella mattina stessa. Questo ingenera in me rabbia e delusione e incredulità, davanti a un comportamento che si ripete tanto da sembrare temerario, mentre il bambino mi guarda con uno sguardo disarmante, approva le mie considerazioni logiche (ma non ti sembra assurdo stare tutto il pomeriggio a soffrire, mentre bastava essere attenti stamani e fare qualche domanda dove non era chiaro?), appare imbarazzato, e ride per l'incapacità di reagire in modo maggiormente empatico.
Pur accettando le mie ripetute proposte di 'rimettere tutto in pari', ripartire da un punto cercando di sistemare il passato, continua a presentare lavori fatti 'tanto per riempire la pagina', che me lo fanno apparire totalmente ingenuo, e inconsapevole del fatto che la realtà viene a galla.
Forse ho sbagliato nel parlargli, con considerazioni da adulti, delle conseguenze gravi, a lungo termine, della sua mancanza totale di senso di responsabilità, prefigurandogli uno scenario pauroso di insuccessi lavorativi e difficoltà nella vita, dovute a una preparazione scolastica inadeguata? Gli ho anche detto che con questo atteggiamento potrà riuscire a trascinarsi fuori dalla scuole dell'obbligo, ma restando, sostanzialmente, quasi analfabeta, e che questo condizionerà pesantemente la sua vita.
Lui mi vede disperata e impotente, in bilico fra giornate di rabbia in cui gli sono più ostile, e giornate in cui, per nostalgia, o non so come meglio dire, lo coccolo come un cucciolo perché mi far star male dover ridurre così il mio rapporto con lui. Forse non faccio che disorientarlo più che mai, ma non accetto questa situazione, e mi crea ansia crescente: se mollo, lui molla più di me, e torna felice e rilassato alle sue attività da bambino dell'asilo.
Mi può dare un consiglio, magari anche qualche testo da leggere?
La ringrazio e la saluto cordialmente".


Tutte le volte che mi relaziono ad un ansioso ho sempre la triste percezione che l''ansioso' pensi di avere il diritto di esserlo. Mentre, ad esempio, l'isterico non abbia tale diritto o l'aggressivo nemmeno o il fobico o quant'altro! Suo figlio è un grande terapeuta di una madre ansiosa alla quale mostra il non senso della preoccupazione e si propone con una infondatezza apparentemente insensata e disarmante.
Io sono d'accordo con lui. Certo non posso non preoccuparmi ma se fossi nei suoi panni agirei alla stessa maniera.
Santo cielo, MOLLI!
Che altro deve e può fare? Continuare ad arrovellarsi nell'ansia (che è un difetto non un diritto, che è una malattia non una virtù, che è un pericolo non una sicurezza).
Se vuol leggere qualcosa in merito perché non acquista il mio volume "Dalle emozioni ai sentimenti"? Lo trova sul mio sito www.prepos.it cliccando su Ordina libri.
Scusi il mio finale commerciale...
A presto
Masini


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