
Counseling psicologico
risponde il dr. Vincenzo Masini
Da anni è in attesa che la vita le offra rapporti umani soddisfacenti. Ma, risponde l’esperto, i rapporti umani vanno presi per quello che sono: ognuno può dare quel che può.
Il dolore della solitudine
“Da anni vivo in perenne attesa che la vita mi offra sbocchi soddisfacenti sul piano relazionale. Ho 54 anni e un lavoro che mi è piaciuto a tratti (insegno nella scuola pubblica, come docente di scuola primaria). Ho cercato le opportunità di vita sul piano personale trasferendomi da un paese del Sud ad una città del Nord, convinta che l’anonimato mi avrebbe aiutata ad essere il meglio di me senza i condizionamenti inevitabili dei paesi inevitabilmente orientati ad un’omologazione dell’essere non sempre per le cose migliori. Ma l’anonimato, dopo anni, mi ha svelato la sua componente di isolamento, complice certo l’individualismo imperante, per cui socializzare le proprie vite è l’ultimo dei pensieri. Sono così arrivata alla decisione di andare a cercare la dimensione giusta della vita al centro, in un piccolo paese.
Niente. Il senso di isolamento, a distanza di due anni, non solo non è diminuito, ma si è ingigantito. Forse sono sbagliata, anche se credo si essere una persona con discrete capacità mentali e etiche. Ma tutto questo non mi ha protetta dalla depressione che mi porta sempre allo sconforto, al sentirmi inutile, invisibile, odiosa. Penso di impazzire, pensiero che mi fa preferire il desiderio di darmi la morte e abbandonare quella parvenza di famiglia da cui non mi aspetto alcun aiuto, ormai. La mia famiglia da anni è ridotta ad un fratello più giovane di me, con il quale ho avuto un rapporto complessivamente buono, fino a quando non ho dovuto difenderlo dalle intromissioni e critiche, forse anche invidie, della di lui moglie.
Alla mia età, sono allo sbando, non so come andare avanti.
La psicoterapia che occasionalmente ho praticato in passato, ha messo in luce le mie buone capacità, ma non so dove e come metterle a servizio della mia voglia di vivere, che mi sfugge ogni giorno di più.
Cerco aiuto e non so da dove cominciare.
Chi mi può aiutare?”.
Mi ha colpito quanto dice sul fatto di aver dovuto difendere suo fratello dalle intromissioni critiche della moglie...
Ed è forse la strada giusta per comprendere il perché della sua solitudine.
Mi sembra che lei abbia una visione troppo speranzosa dei rapporti tra persone e della loro profondità senza capire che occorre accontentarsi della qualità degli esseri umani che incontriamo. Se le nostre aspettative di comprensione di relazione sono troppo elevate sicuramente rischiamo di restare da soli.
Con ciò non nego che ci siano momenti di alta intensità comunicativa tra uomini ma sono momenti e non condizioni stabili. In genere noi uomini viviamo e gestiamo la nostra solitudine cercando di farci capire dagli altri per quel che si può, ciascuno di noi con il suo mondo interiore che, a volte, trova contatti appaganti con i mondi altrui. A volte.
Masini
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