Occhi d’estate: i rischi senza occhiali da sole

Proteggere fin da bambini gli occhi dai raggi solari è fondamentale per la salvaguardia di un organo delicato e importante. E gli occhiali da sole sono uno strumento utile anche sotto l’ombrellone e quando il cielo non è limpido. Purché siano di qualità, con lenti specifiche e con certificazione Ce. Per il colore è da preferire il marrone e la forma deve essere avvolgente. Sono queste le raccomandazioni dell’Istituto di biometeorologia (Ibimet) del Consiglio nazionale delle ricerche di Firenze. 

“Gli occhiali proteggono dai raggi ultravioletti (Uv) e dalla luce blu, meno conosciuta ma altrettanto pericolosa, la cui lunghezza d’onda si colloca nei pressi dell’Uv, tra i 400 e 500 nm, nel campo del visibile “, spiega Gaetano Zipoli, dell’Ibimet-Cnr. “La maggior parte dei problemi di cataratta sono il risultato di un danno subìto prima dei 30 anni”.

Sia che si tratti di raggi Uv, sia di luce blu, le categorie più a rischio sono bambini, anziani e lavoratori dell’edilizia e dell’agricoltura. Un’indagine condotta dalla Commissione difesa vista, in collaborazione con l’Istituto Piepoli e il Cnr, ha messo in evidenza che solo l’11% utilizza gli occhiali protettivi in età compresa tra i 6 e i 10 anni. Le cose non vanno meglio per gli over 55: solo il 10% acquista occhiali da sole e, spesso, il criterio di scelta non tiene conto della qualità del prodotto e in particolare delle lenti. Ancor peggio per i lavoratori ‘all’aperto’: da un’indagine promossa dalla Regione Toscana e dall’Ibimet-Cnr è emerso che solo il 53% dei lavoratori è al corrente del rischio Uv e che il 60% di loro non indossa occhiali per proteggersene.

“Come viene riportato anche nelle indicazioni del Who (World Health Organization), l’uso degli occhiali da sole sarebbe opportuno a partire da valori dell’Uv-Index superiori a 3, che alle nostre latitudini e in ambienti non particolarmente riflettenti si raggiunge in presenza di cielo sereno nelle ore centrali dei mesi primaverili ovvero dalle 10 alle 17 (ore legali) in d’estate”, prosegue il ricercatore dell’Ibimet-Cnr. “Oltre al pericolo dei raggi solari che vengono dall’alto, c’è quello più insidioso della luce riflessa. Superfici come la sabbia molto bianca o la neve, possono veicolare alte dosi di raggi Uv e di luce blu verso l’occhio. In questi casi, nell’arco dell’intera giornata la superficie dell’occhio accumula una quantità di raggi otto volte superiore alla soglia limite per l’induzione della cataratta e della fotocheratite (un’infiammazione della cornea)”.

I rischi per la vista possono essere raggruppati in due categorie: “Patologie infiammatorie come fotocheratiti e foto congiuntiviti che insorgono subito dopo l’esposizione che però, pur essendo dolorose e fastidiose, non producono danni di tipo permanente”, precisa Zipoli. “Ma, in condizioni particolari come permanenze prolungate e non protette sulla neve o superfici altamente riflettenti, per esempio nelle cave di marmo, i danni possono essere molto più seri e si può arrivare alla cosiddetta ‘cecità da neve’ come sanno bene gli alpinisti. L’altra categoria include patologie degenerative del cristallino come la cataratta che in mancanza di interventi adeguati può portare alla cecità”.
(Fonte: Almanacco della Scienza)
Per saperne di più: il sito dell’Almanacco della scienza – CNR

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