Osservata la prima ‘adozione’ fra scimmie di generi diversi

Un gruppo di cebi osservato in Brasile da Elisabetta Visalberghi, dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del CNR, ha allevato un cucciolo di uistitì. Lo studio pubblicato sull’American Journal of Primatology.

Per la prima volta un comportamento di adozione fra scimmie di generi diversi viene osservato in natura, grazie a una ricerca sui primati condotta nel Piauì, uno Stato del nord-est del Brasile, da un gruppo composto da ricercatori brasiliani e statunitensi e da Elisabetta Visalberghi dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione (Istc) del Consiglio nazionale delle ricerche. “Un gruppo di tredici cebi (Cebus libidinosus)”, racconta la studiosa, “ha adottato un uistitì (Callithrix jacchus) di circa due mesi, che è rimasto con loro per più di un anno, ricevendo così le cure parentali necessarie alla sua sopravvivenza”.

“Nel gruppo c’era anche un piccolo cebo che aveva la stessa età dell’uistitì; questa circostanza ci ha permesso di paragonare le cure rivolte ai due piccoli e il loro sviluppo comportamentale”, prosegue la ricercatrice dell’Istc-Cnr. “L’uistitì, che non a caso abbiamo chiamato Fortunata, è stata adottata prima da una femmina e poi, dopo quattro mesi, da un’altra. Le due femmine, ma talvolta anche altri membri del gruppo, hanno trasportato Fortunata sulla schiena, sul collo o sulla pancia, proprio come avrebbero fatto con un loro figlio, permettendole così di spostarsi insieme al gruppo anche quando i tragitti percorsi sarebbero stati troppo ‘estremi’ persino per un uistitì adulto”. Probabilmente l’adozione di Fortunata è stata favorita dalle dimensioni di questa specie, circa 10 volte più piccola di un cebo. Ciò ha facilitato il suo trasporto e ridotto la competizione alimentare. “Spesso ci è capitato di osservare Fortunata sopra un’incudine dove un cebo adulto stava usando un sasso per rompere una noce di cocco”, prosegue la Visalberghi, “mentre lei aspettava con pazienza di prendere qualche pezzettino di noce, noi eravamo agitatissimi perché questa minuscola scimmia sembrava poter ricevere, da un momento all’altro, una gran botta in testa…”.

Ma per fortuna a rimanere spiaccicate erano solo le noci!
“I dati che abbiamo raccolto parallelamente per il piccolo cebo e la piccola uistitì, che erano pressoché coetanei, mostrano che le cure loro riservate erano simili, e questo nonostante le notevoli differenze in dimensioni, ecologia, comportamento, organizzazione sociale e sviluppo fra le due specie”, osserva la ricercatrice. “Questo caso di adozione è estremamente istruttivo perché mostra la flessibilità comportamentale di cebi e uistitì. Ciascuna specie si è in qualche modo adattata alle esigenze dell’altra. Dalle osservazioni risulta che Fortunata ha allungato di molto il periodo di dipendenza dalla madre, che in un gruppo di uistitì sarebbe stato di pochi mesi, e che i cebi hanno risposto con estrema tolleranza alla sua presenza, togliendola di impaccio ogni qualvolta rimaneva indietro, o era incapace ad arrampicarsi sulle rocce. Nel caso dei cebi la plasticità comportamentale è arrivata al punto di far loro adottare una scimmia che, in altre occasioni, arrivano anche a cacciare”.

Come si può intuire, la ricerca è stata entusiasmante e stimolante. “Ma sono tanti i perché a cui non siamo ancora in grado di dare risposte. Già il comportamento altruistico di adottare un piccolo non imparentato è difficile da spiegare dal punto di vista evolutivo perché non sembra favorire chi lo fa.
Adottare un piccolo di un’altra specie può sembrare assurdo! Ma è anche vero che il comportamento materno si basa su attitudini – come la tolleranza e l’attrazione verso i cuccioli – che non è possibile limitare solo ai piccoli della propria specie”.
Casi di adozione fra specie diverse accadono talvolta anche in natura, basta pensare ai bambini adottati dai lupi. “Ma ciò che qui stupisce è la competenza che hanno mostrato i cebi nell’adattarsi alle esigenze del piccolo uistitì. Il comportamento altruistico di queste scimmie può essere attribuito a diversi fattori che, data l’eccezionalità del caso, è impossibile indagare sistematicamente” conclude la Visalberghi.

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