Un algoritmo per l’abbronzatura perfetta

Con l’estate si avvicina la voglia di tintarella. Per evitare scottature e ottenere un colore sano e uniforme è importante cominciare a prepararsi fin da ora, seguendo quegli accorgimenti che favoriscono l’abbronzatura proteggendo la pelle dall’invecchiamento precoce.

“La pelle è l’organo più esteso”, spiega Gennaro Spera, dermatologo del Cnr, “e la sua funzione di ‘barriera’ è vitale per proteggere il corpo dalle aggressioni esterne. Ecco perché se anche il sole fa bene, occorre attenzione: senza un’adeguata protezione i raggi solari possono provocare danni alla cute, dalla formazione di eritemi alle allergie fotoindotte, all’invecchiamento precoce, fino alle neoplasie”.
La prima cosa da fare, sin dalla prima esposizione, è proteggere la pelle con il solare giusto: la capacità schermante di questi prodotti è indicata da un numero preceduto dalla sigla Fp (fattore di protezione) o ‘Ip’ (indice di protezione). Il fattore è espresso in livelli: basso, alto, molto alto; è stata vietata la dizione ‘schermo totale’ perché induceva un ingannevole senso di sicurezza.
“Sfatiamo la convinzione che i solari non facciano colorire: usando prodotti con protezione media o alta ci si abbronza ugualmente, solo in modo più dolce e senza causare stress alla pelle”, sottolinea Spera. “Più graduale è l’approccio con il sole, infatti, più intensa, sicura e duratura sarà l’abbronzatura, che dipende dalla melanina, il pigmento che dà all’epidermide il colore scuro”.
I raggi solari non sono tutti uguali e provocano differenti effetti sulla pelle, poiché la loro intensità varia durante la giornata. “Le ore ideali per esporsi sono le prime del mattino, fino alle 11.00, e il tardo pomeriggio, dopo 17.00. Evitare soprattutto il periodo dalle 12.00 alle 15.00, quando il sole è molto forte e la prevalenza degli Uvb è massima”, raccomanda il dermatologo.
Per un risultato ottimale può essere di aiuto un algoritmo che Spera sta mettendo a punto in una ricerca interdisciplinare, insieme con Germana Manca, esperta di geoinformations della Manson University. La formula tiene conto, rispetto alle normali abitudini di vita, di alcuni parametri variabili quali l’indice giornaliero Uv medio del luogo di residenza, il fototipo che varia da 1 a 6 (dal meno al più sensibile alle scottature), il tempo di autoprotezione di ciascuno (da 10 minuti del fototipo 1 a 90 del fototipo 6), le variazioni rispetto alle abitudini, al lavoro, al vestiario abituale e all’utilizzo dei mezzi di protezione. “Dando dei valori prestabiliti a ciascun parametro si arriva a ottenere un ‘numero di soglia’, che permette di prendere coscienza, quantificandolo, del singolo rischio da Uv”, spiega Spera. “Infatti il nostro foto-invecchiamento si traduce non solo in rughe, ma soprattutto in cheratosi solari e altre forme, anticamera di piccole neoplasie cutanee, che sono il risultato dell’accumulo nel tempo”. L’algoritmo ci aiuterà a capire in che modo dilapidiamo la nostra ‘dote’ di protezione naturale con comportamenti sbagliati.
(Fonte: Almanacco della Scienza, CNR)
Per saperne di più: Consiglio Nazionale delle Ricerche

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