La gnatologia e i disturbi temporo-mandibolari: capire il problema per trovare la soluzione giusta

Iniziamo, con l’intervista al prof. Francesco Deodato, medico gnatologo, una serie di approfondimenti dedicati a particolari settori della medicina, che mostrano in modo chiaro come, nel tempo, teorie e tecniche si evolvano, alla ricerca di un approccio sempre più capace di rispondere in modo mirato. Articolazione temporo-mandibolare, gnatologia, diagnosi, approccio multidisciplinare gli argomenti trattati in questa prima parte dell’intervista. La seconda parte sarà pubblicata nei prossimi giorni.

I problemi relativi all’articolazione temporo-mandibolare sono più frequenti di quanto si pensi. Un problema che oggi viene affrontato con un approccio diverso, rispetto al passato
“In realtà, come in ogni altra branca medica, anni di osservazione, studio ed esperienza, oltre a ricerche e conoscenze, hanno dato un volto diverso alle problematiche temporo-mandibolari. Molti fattori eziologici, concausali e perpetuanti sono oggi considerati con estrema attenzione. E’ da sottolineare inoltre che, a differenza di quanto si considerasse sino a qualche anno fa, attualmente è estremamente difficile che si parli solo di problematiche intraarticolari (internal derangement), di alterazioni strutturali o funzionali delle componenti interne all’articolazione in questione. Più facilmente si considera il complesso bi-articolare all’interno del sistema cranio-cervico-mandibolare e, ancor più in generale, del sistema posturale dell’individuo. E’ sempre più frequente, infatti, che sia richiesto un esame articolare od occlusale per algie o disfunzioni di segmenti, distretti o apparati distanti da quello cranio-mandibolare. Così l’attenzione si è spostata da un dettaglio estremamente circoscritto ad un sistema complesso ed articolato, e per questo nell’approccio alla patologia è assolutamente necessario tener conto di tutti i fattori che su questo sistema possano avere in qualche modo influenza. Sarà poi compito del professionista comprendere quale tra questi, per gravità del quadro o per specifica richiesta dell’assistito, meriti particolare attenzione e priorità”.

Di cosa si occupa, nello specifico, uno gnatologo?
“Lo gnatologo dovrebbe occuparsi dell’equilibrio masticatorio nella sua complessità, della stabilità occlusale, della condizione articolare e muscolare, nei loro aspetti più grossolani (morfo-strutturali) e più raffinati (propriocettivi). Credo con assoluta fermezza però che oggi uno gnatologo non possa ritenersi completo se non abbia almeno qualche conoscenza relativa ai disordini posturali, a quelli energetici ed alle problematiche viscerali. Tutto questo non per provare a curare tutto e tutti, piuttosto per accrescere la propria capacità discriminativi e diagnostica differenziale, per poter comprendere con maggiore probabilità in ogni specifica situazione quale possa essere la causa preponderante di malattia. Una corretta ed approfondita diagnosi differenziale consente infatti di consapevolizzare meglio l’assistito e di indirizzarlo (qualora non si ritenga opportuno intervenire) presso altri professionisti. Personalmente credo molto nella collaborazione multidisciplinare e la ritengo indispensabile nell’approccio alle problematiche ad eziopatogenesi multifattoriale: se si pensa che non di rado una tensione muscolare masseterina (il massetere è un muscolo che si trova a livello della guancia) può dipendere da alterazioni funzionali o semplicemente da sovraccarichi del sistema digerente, o che un’alterazione del contatto occlusale può derivare da variazioni della postura del cranio conseguente a disturbi visivi o uditivi, si potrà facilmente comprendere quanto risulti importante classificare attentamente il disturbo nella sua vasta caratterizzazione. Nello specifico tengo a sottolineare che, a mio avviso, il punto cardine di ogni approccio ‘terapeutico’ si ponga nella fase diagnostica, e particolarmente nella diagnostica clinica, considerato che solo a questa consegue la selezione dell’approfondimento strumentale più idoneo. Non si può curare se non si sa cosa curare; l’atto diagnostico (ribadisco, in primis clinico e solo conseguentemente strumentale), che personalmente pongo al centro di tutta la mia attività di ricerca e didattica universitaria, oggi è troppo poco considerato nella maggior parte dei casi. Si incontrano troppo spesso pazienti con terapie impostate senza che sia stata fatta alcuna diagnosi, il più delle volte trattati con quello che la moda del momento offre o diffonde attraverso i media”.

Che consigli potremmo dare a chi soffre, o pensa di soffrire, di un disturbo dell’ATM?
“Sicuramente è conveniente rivolgersi a centri o professionisti specializzati e qualificati, di diffidare da chi propone con troppa facilità e rapidità approcci e soluzioni terapeutiche invasive, dispendiose e soprattutto da chi pone, come unico fattore eziologico di patologia, il disturbo occlusale. Solo dopo diagnosi attente, visite complesse ed eventuali approfondimenti strumentali mirati (per mirati intendo ad esempio che una lastra panoramica delle arcate dentarie non consente di formulare diagnosi di patologia articolare se non nei casi di frattura o di macroscopica alterazione strutturale) è possibile avere una chiara idea del problema da trattare. A quel punto la strategia terapeutica può essere impostata senza particolare problema e soprattutto rivista durante il corso del trattamento, fermo restando il fine verso cui tendere. Trattamenti incongrui possono solo far cronicizzate il problema, ridurre la possibilità di guarigione completa del paziente oltre che spesso, far perdere la sua fiducia e ridurre la sua collaborazione”.
(prima parte – vai alla seconda parte)

Francesco Deodato

Francesco Deodato, Professore a contratto di Gnatologia – Università degli Studi di Siena, Professore a contratto presso numerosi corsi di laurea e di specializzazione Università degli Studi di Sienam Socio fondatore e segretario della SIDA nel biennio 2002-2003, (Società Italiana Disfunzioni e Algie dell’ATM).

Torna in alto