Immagine Counseling psicologico

risponde il dr. Vincenzo Masini

Il rimprovero

Gli stili comunicativi nell'educazione possono essere individuati in molte categorie e riuscire a puntualizzarli serve a non lanciare messaggi confusi, contraddittori ed inefficaci. Tratteremo di sette modalità comunicative: il rimprovero, l'incoraggiamento, l'insegnamento, il coinvolgimento emotivo, la tranquillizzazione, il sostegno e la gratificazione. A fare inizio dal rimprovero.

Nella prassi educativa corrente si sono assolutamente persi di vista significato e tecniche di rimprovero. Di solito si assiste a rimproveri che non sono altro che sfoghi di aggressività o di fastidio verso i bambini, espressi con eccessiva tensione, nel primo caso, e con nevrastenia, nel secondo. L'esito è quasi sempre l'assoluta inefficacia (il bambino o il ragazzo non ascolta e scappa via) o la lite (genitori che litigano con i figli invece di sgridarli) o l'oppressione (bambini o ragazzi schiacciati dal peso di genitori inquisitori o intimidatori). Il rimprovero è una comunicazione ingiuntiva e regolativa, non deve essere confusa con una comunicazione incoraggiante. Deve dunque essere espressa senza enfasi e senza tensione. Il rimprovero serve a criticare un comportamento negativo già agito o, più raramente, a prevenire un comportamento negativo sul punto di essere messo in atto. Per rimproverare occorre un tono fermo, deciso, autorevole che si esprime in una comunicazione breve, forte e centrata sui fatti concreti. Al rimprovero deve seguire un silenzio lapidario che fa entrare in profondità il messaggio appena lanciato: il contenuto del rimprovero viene assorbito e vengono analizzate, da chi riceve il rimprovero, le conseguenze di un comportamento. Se, dopo il rimprovero, l'educatore si dilunga in una predica, la comunicazione perde efficacia; se esprime considerazioni e cerca consenso o di "farsi capire", mostra la debolezza dei suoi contenuti; se "ricatta" affettivamente il bambino o il ragazzo ("se fai così mamma non ti vuole più bene") squalifica l'intero rapporto interpersonale e produce incertezza; se cerca di consolare fa sentire l'altro ancora più in colpa. La parte più difficile e faticosa della comunicazione di rimprovero non è infatti l'atto in sé, ma la gestione da parte dell'educatore dei suoi personali dubbi: l'onda di ritorno del rimprovero si gestisce facendo silenzio, esteriormente ed interiormente, soprattutto se il rimprovero si è concretizzato in una punizione. Per questo motivo non è possibile rimproverare con enfasi e aggressività. Rimproverare con efficacia significa proporre una comunicazione breve, saggia e responsabile, legare il rimprovero ai fatti concreti oggetto del rimprovero e gestire bene all'interno del proprio sé le conseguenze del rimproverare. Chi rimprovera deve decidere con se stesso di essere fermo. La comunicazione di rimprovero è efficace se ben diretta: essa serve a modificare i comportamenti negativi per far sì che un soggetto volubile e irresponsabile sia costretto a distaccarsi dal suo stato emozionale e riflettere sul suo comportamento o che un soggetto demotivato ed indifferente si vergogni del suo scarso impegno.
Vediamo distintamente i due principali personaggi (ed i loro modi di fare) che sono oggetto di rimprovero:
1. La persona volubile tende a passare da un'emozione all'altra, senza coerenza e senza stabilità e si ritrova ad essere perennemente insoddisfatta. Se ne avesse goduto, ne avrebbe ricavato soddisfazione e non ne ricercherebbe di ulteriori. L'intervento educativo su di lui mediante rimprovero serve a distaccarlo da azioni che, oltretutto, non gli danno nemmeno pieno gusto. Un bimbo vanitoso e chiacchierone mette in imbarazzo genitori ed estranei per le libertà che si consente con gli altri, non possiede freni inibitori e non riesce a distinguere modalità di comportamento tipici dell'intimità affettiva da quelle che appartengono alla maggior riservatezza della sfera sociale. Un bimbo che sta tenendo eccessivamente desta l'attenzione su di sé, buttando ripetutamente a terra il cappello del nonno, togliendo la cravatta allo zio con l'evidente consapevolezza di fare una cosa "sconveniente", ma pretendendo per ciò l'applauso degli astanti, può essere distolto da un rapido ed efficace rimprovero seguito da un silenzio denso ed inequivocabile che non accetta repliche. Egli sarà proprio disattivato dalla mancanza di sostegno dell'ambiente alle sue performance. L'intervento su di lui è prodotto attraverso la presa d'atto della concretezza dell'ambiente ed il silenzio gli farà notare che l'ambiente risponde a delle regole che lui non può rompere. Se il silenzio interiorizzante è rotto, il rimprovero non funziona ed, anzi, induce sconcerto. Di fronte ad un bimbo che ha imparato a dire le "parolacce" si assiste spesso al divertito stupore della mamma e del papà, a cui subentra il rimprovero quando quelle espressioni di fronte ad estranei sono causa di imbarazzo. A meno che il clima delle relazioni e la confidenza con i presenti non determini, nuovamente, la possibilità di invitare il bimbo a dire le "cose sporche". In questo caso il rimprovero non è solo contraddittorio ma anche ambiguo ed incomprensibile per il piccolo che vuole determinare quel clima di gioco e di intimità connesso a tali espressioni. Il rimprovero rinforza la sua richiesta perché gli appare come parte del gioco fino a condurlo ad eccessi di istrionismo: per sfuggire all'angoscia della fine delle emozioni, egli ricerca la fusione in altre emozioni senza più limite. Lo spegnimento dell'eccitazione fusionale, mediante rimprovero, serve far percepire che la musica dell'ambiente è finita ed è inutile insistere.
2. Il soggetto pigro e demotivato nei confronti di qualunque attività non riesce a sviluppare interessi e vive distrattamente anche rispetto a se stesso, non sentendosi mai attirato da nulla. Il rimprovero lo muove dallo stato di quiete e lo richiama alla realtà facendolo vergognare della sua pigrizia. Perché il rimprovero non corra il rischio di essere eccessivo e non infierisca è bene che sia oggettivato in una sorgente terza rispetto all'educatore."Devi rispettare gli appuntamenti con il dentista, non ti vergogni di quello che può pensare di te!". Naturalmente questa frase non può essere gettata lì, tra una cosa e l'altra, ma deve essere espressa nel momento in cui l'apatico non può svicolare, deve essere seguita da un silenzio carico di osservazione e di attesa e l'educatore non si deve allontanare né si distrarre ma restare, anche per lungo tempo, in attesa di risposta. Lo sguardo, la postura e il silenzio dell'educatore debbono esprimere l'indignazione attiva non manipolabile. La vergogna per essere stato rimproverato può far crescere nell'apatico il conflitto con se stesso e spingerlo alla volontà di azione. Occorre però porre molta attenzione a non rimproverare né le persone fragili né coloro che sono eccessivamente permalosi: dai primi il rimprovero è vissuto come oppressione, dai secondi come squalifica. In tutti e due i casi il rimprovero è spesso inutile e inefficace. In tutti e due i casi il rimprovero è dannoso. Per i soggetti fragili e con scarsa autostima il rimprovero rappresenta un'ulteriore ferita inferta da parte di una persona a lui cara, che lo indurrà a scivolare ancor più nella autocommiserazione, per i permalosi ed orgogliosi il rimprovero è un'ulteriore incomprensione dei suoi blocchi e delle sue difficoltà (a farsi ben comprendere dagli altri). Dunque rinforzerà la sua solitudine. Nel caso di soggetti molti reattivi si può ottenere con il rimprovero effetti del tutto contrari alle aspettative: reazioni polemiche, richieste assillanti di perdono o rinforzi alla personali chiusure. In tali casi è necessaria una modulazione del rimprovero ed un arricchimento delle sue valenze. Se un bambino piuttosto vergognoso ne ha fatta una grossa: ha disubbidito o ha sottovalutato un compito assegnatogli da un genitore, deve essere rimproverato, ma è necessario che chi lo faccia sappia modulare il timbro della voce, sappia presentargli una precisa analisi dei fatti che metta in discussione il suo errore e non lui come persona. Per il permaloso il rimprovero deve essere necessariamente accompagnato dall'ordine di compiere un'azione riparatoria, spiegando con chiarezza il significato che ha. La concretezza di un'azione gli fa "mettere i piedi per terra" e gli fa scoprire le necessità sue personali e di tutti."Hai fatto tardi, e ci hai fatto far tardi, ora apparecchi la tavola tu!". Per i soggetti reattivi è necessario accompagnare al rimprovero un messaggio di insegnamento ("Invece di lagnarti per aver lasciato a casa i tuoi giocattoli, pensa al fatto che ci sono bambini che non ne hanno mai posseduti!" ) ed esprimersi senza tensioni: una comunicazione chiara, analitica, precisa e pacifica. Una sorta di analisi dei dati di fatto, senza commenti. In sintesi l'arte di rimproverare non è semplice e necessità di una seria riflessione prima di effettuare un rimprovero preventivo o correttivo. Soprattutto deve essere proposto in modo chiaro ed efficace, senza quegli eccesso di energia comunicativa che, invece di agevolare la autocritica del rimproverato, finiscono per innescare la sua suscettibilità.


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