Contratti e diritto di ripensamento

Nonostante la legge risalga al 1992 molti consumatori ancora non sanno che anche dopo aver concluso un contratto possono ritornare sulla loro decisione.

Con il decreto legislativo n. 50/1992 il legislatore ha innovativamente introdotto un diritto al ripensamento in favore del cittadino consumatore. Tale diritto opera quando si tratti di un contratto stipulato tra un privato e un operatore commerciale. Requisito essenziale affinché sussista il diritto è che il contratto venga concluso al di fuori della sede dell’impresa. Dunque tale disciplina opera nelle vendite porta a porta, per corrispondenza, per ordini su cataloghi, televendite ecc.

Attenzione: è necessario che il privato agisca al di fuori di un’attività professionale per essere considerato consumatore, alla luce dell’articolo 2 del decreto legislativo 50/1992. Ai sensi dell’articolo 6 della citata legge il consumatore può entro 7 giorni dalla sottoscrizione dell’ordine o contratto o dalla ricezione della merce quando l’ordine è fatto telefonicamente o senza la presenza dell’imprenditore recedere dal contratto mediante lettera raccomandata A.R.

Attenzione: il legislatore ha imposto a carico dell’azienda un preciso obbligo informativo, infatti ai sensi dell’articolo 5 nei contratti stipulati al di fuori della sede commerciale devono essere indicati i termini e le condizioni per l’esercizio del diritto di recesso.
In caso di mancata indicazione dell’esistenza del diritto di recesso è prevista anche una sanzione amministrativa che irroga la Camera di Commercio da 1 a 10 milioni di lire. Nel caso in cui il consumatore abbia corrisposto una caparra questa deve essere restituita, al netto di eventuali spese documentate e tasse, entro 30 giorni dalla ricezione della lettera raccomandata di recesso.
In caso di inadempienze da parte dei venditori si consiglia il consumatore di segnalare il caso almeno ad un’associazione di consumatori o alla locale Camera di Commercio.

A cura dell’avv. Marco Festelli

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